Non avrebbe mai potuto immaginare il povero Sifilo, che il suo nome sarebbe stato eternamente simbolo di una delle malattie veneree più antiche, più temute e più diffuse al mondo: la sifilide. Narra infatti il medico e poeta Gerolamo Fracastoro nel libro “Syphilis sive de morbo Gallico”, che il pastorello Sifilo, per aver offeso il dio Apollo, venne da questi punito con una malattia che avrebbe deturpato e distrutto la sua bellezza. Così venne coniato dallo stesso Fracastoro nel 1530 il nome Sifilide per definire una malattia che da anni si era diffusa in Europa e deturpava le fattezze umane. Varie sono le teorie sulla sua origine: la prima, detta “americanista”, sostiene che fu importata in Europa dalle spedizioni di Cristoforo Colombo ed è suffragata dal “Tractado contra el mal serpentino” di Ruy Diaz de Isla, pubblicato nel 1539, dove l’autore sosteneva di aver curato componenti della spedizione di Colombo che avevano contratto il morbo ad Hispaniola, l’attuale Haiti.Altri autori invece affermarono che erano stati gli Europei ad esportare in America la malattia, dichiarando che questa era conosciuta fin dall’antichità. Infatti, Sprengel, storico della medicina, identificò con la sifilide alcune malattie descritte da Plinio il Vecchio, da Galeno e da Ippocrate. Persino nel codice di Hammurabi e quindi più di 4000 anni fa, si faceva riferimento a questa malattia nel caso di un annullamento di contratto di compravendita di uno schiavo malato.
In Italia la sifilide ebbe un forte sviluppo dopo l’assedio di Napoli nel 1494, per opera del francese Carlo VIII e delle sue truppe che viaggiavano con al seguito una folta schiera di prostitute. Fu quindi la prostituzione tra le truppe e poi tra la popolazione la causa della veloce diffusione del morbo, definito Mal Gallico per la provenienza degli “untori”. La Chiesa e l’alto clero non persero tempo ad identificare la sifilide come ‘maledizione divina’ verso gli uomini e le donne dai costumi licenziosi e dalla condotta immorale e propose ovviamente come soluzione l’astinenza. Questa però non fu ben accetta dalla popolazione, per cui Paolo IV decise di isolare le prostitute fuori dalla città, nella zona al di là del Tevere, l’odierna Trastevere, non ottenendo tuttavia molti risultati e così la malattia continuò a diffondersi. Successivamente e nella speranza di circoscrivere il dilagare del Mal Gallico, Carlo IX istituì apposite case, le case di tolleranza, dove limitare il mestiere di prostituta.Fu solo nel 1555 che Emanuele Falloppio ebbe la brillante e fortunata idea di creare uno strumento di prevenzione personale, una pezza di lino imbevuta di mercurio con cui avvolgere il pene, in modo da proteggersi dal contagio e dando così il via al precursore del moderno preservativo, ancor oggi unico metodo di protezione contro le malattie veneree.
Finalmente nella prima metà del XX secolo, la scoperta da parte di Fleming della penicillina, dette alla temuta malattia una terapia appropriata che trasformò un morbo dagli effetti devastanti e mortali a malattia curabile e poi guaribile. Ma il Mal Gallico non è mai scomparso anzi, ultimamente i casi di sifilide in Europa continuano ad aumentare, soprattutto tra gli uomini adulti. Nel 2014 in 29 paesi europei si registravano 5,1 casi ogni 100 mila abitanti e, secondo il Centro Europeo di Controllo delle Malattie (ECDC ), la sifilide si diffonde sempre più negli uomini, con un tasso ben 6 volte superiore rispetto alle donne ed il 30% degli affetti ha più di 45 anni.Infine, secondo il rapporto dell’ ECDC, il 63% dei casi (quasi i due terzi) è stato registrato tra uomini che hanno avuto rapporti omosessuali ed in molti paesi europei la malattia ha subito un’ impennata tra il 2010 ed il 2014.
Riguardo al nostro Paese, i dati non sono per nulla incoraggianti, infatti, sebbene nel 2010 si fosse riscontrata una controtendenza della diffusione del morbo rispetto al resto d’Europa, nella nona edizione di ICAR (Italian Conference on Aids and Antiviral Research) tenutasi a Siena dal 12 al 14 giugno 2017, è risultato che i casi di sifilide in Italia sono addirittura raddoppiati in soli 12 mesi. Possiamo quindi concludere che dalla leggenda di Sifilo alla realtà quotidiana, continuiamo a rincorrere una malattia che non si ferma mai.
Patrizia Demichelis
Dermatologa, Novara