Persona poliedrica e versatile, Marcello Nizzoli (Boretto, Reggio Emilia ,1887 – Camogli, 1969) inizia la propria attività progettuale come pittore, scenografo e grafico (è suo, tra l’altro, il logo dell’Associazione DDI), per estenderla successivamente al campo dell’architettura e del nascente disegno industriale.
Dopo gli studi all’Istituto d’arte di Parma (decorazione e ornato), nel 1914, già schierato nelle file della pittura futurista, arriva a Milano in un momento di grande fervore creativo e si afferma come importante disegnatore di manifesti pubblicitari.
Dovrà, comunque, aspettare gli anni trenta per poter sprigionare definitivamente il suo talento e prendere il posto che gli spetta nell’ambito della avanguardia milanese, dunque nazionale ed europea. Due incontri in quegli anni saranno decisivi per l’artista emiliano, ma milanese di adozione, permettendogli la realizzazione di significative opere a tutto campo: il primo, con Baldessari e alcuni membri del cosiddetto ‘Gruppo 7’, tra cui Terragni, Figini e Pollini, ma particolarmente –io credo– con Edoardo Persico; il secondo (nel 1938) con una figura illuminata, per certi versi ‘anomala’, che in seguito risulterà emblematica nella Ricostruzione: l’industriale illuminato e intellettuale fine Adriano Olivetti.
Con gli amici milanesi realizzerà l’allestimento del Bar Craja a Milano che segna l’inizio dell’attività architettonica, proseguendo con incarichi più importanti, quali l’allestimento della Sala del 1919 (Mostra della Rivoluzione Fascista – Roma, 1932), il progetto di concorso per la Casa littoria (Roma, 1934-1935), la sala delle Medaglie d’oro alla Mostra dell’Aeronautica italiana (Milano, Palazzo dell’Arte –oggi Triennale, 1934) e la realizzazione di vari negozi e stand fieristici.
Il sodalizio con Olivetti lo porterà a una collaborazione multipla che frutterà edifici importanti, arricchendo notevolmente il panorama del razionalismo italiano. Tra i tanti, vorrei ricordare l’Edificio con diciotto alloggi per dipendenti della Olivetti (Ivrea, 1952-1957), paradigma di un’architettura della ragione, fervente e soave (realizzato col socio Gian Mario Oliveri) e il Palazzo per Uffici Olivetti in via Clerici, a Milano. Per quest’ultimo riceve nel 1955 il premio Vis Securit per l’uso innovativo del vetro.
Inoltre, tramite la realizzazione di prodotti industriali innovativi (dal punto di vista tecnologico ma anche formale) lascerà un’impronta forte nel cosiddetto design italiano, concorrendo a renderlo rinomato in tutto il mondo: le mitiche macchine da scrivere Lexikon 80 (1946-1948) e Lettera 22 (1950) nonché la calcolatrice Divisumma 14 (1947) sono dei capolavori che in occasione della mostra del disegno industriale Olivetti allestita al MoMA (Museum of Modern Art) di New York nel 1952, entreranno a far parte della collezione permanente del museo.
Anche se l’attività legata alla Olivetti è in questi anni quella principale, non è comunque l’unica. Lo testimonia uno degli edifici più importanti degli anni cinquanta, vale a dire il Palazzo per uffici Eni a San Donato Milanese (1955) che indica un’altra strada per il moderno, valorizzando e (ri)proponendo il decoro come mezzo rappresentativo dell’architettura.
Marcello Nizzoli si ritira dall’attività professionale nel 1965. L’anno successivo, già insignito nel 1962 col diploma di Honorary Royal Designer for Industry della londinese Royal Society of Art, il Politecnico di Milano gli conferirà la Laurea Honoris Causa in Architettura, istituzionalizzando una qualità che Nizzoli aveva già e meritevolmente conquistato sul campo.
Costantino Patestos
Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana
Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino