La dermatite atopica (DA) è una malattia assai comune che coinvolge una percentuale rilevante (dal 3 al 14%) della popolazione pediatrica e che costituisce un disturbo cronico e talora invalidante per parecchi anni della vita. Tale affezione ha un impatto molto significativo sulla qualità della vita (QoL) non solo dei piccoli pazienti, ma anche dei loro genitori. Da numerosi studi della letteratura è emerso infatti che la severità della malattia può influire sulle condizioni familiari, sia in senso psicologico (stress), sia sociale (difficoltà relazionali) ed economico (costo delle cure).
I pazienti con DA hanno una cute xerotica, anche in assenza di una ittiosi associata, ed una aumentata evaporazione transcutanea di acqua (TEWL); inoltre presentano una diminuita capacità di manifestare risposte mediate dall’immunità ritardata e producono facilmente IgE in maggiore quantità. L’osservazione che gli animali in cui sia presente un deficit degli acidi grassi essenziali (Essential Fatty Acids = EFA) manifestino un quadro clinico sostanzialmente simile (cute desquamante con ridotta capacità di barriera, diminuita sensibilità ritardata, ecc.) ha fatto sospettare che anche nella patogenesi della DA vi fosse un coinvolgimento dei lipidi di membrana, poiché gli EFA partecipano alla loro formazione. Il fatto ben noto che la DA migliori durante il soggiorno estivo al mare, ha indotto a utilizzare la fototerapia, soprattutto nei paesi nordici. Il limite di tale cura, a parte le ovvie differenze geografiche di disponibilità, appare nella concorrente potenzialità ustionante della luce solare. Dato che tale effetto negativo appare legato maggiormente allo spettro degli UVB corti, ne consegue che tale banda debba essere filtrata per massimizzare l’effetto benefico della radiazione elettromagnetica restante. Assai interessanti sono lavori sulle sostanze antiossidanti dato che è noto che nella DA vi sia un aumento dello stress ossidativo.
Alessandra M. Cantù, Corinna Rigoni
Dermatologhe, Milano